La storia dell’abbazia

L’abbazia ha una storia millenaria caratterizzata da un alternarsi di tempi floridi e momenti di decadenza e abbandono, da cui però essa riuscì sempre a rinascere.

L’attuale complesso architettonico, affiancato alla chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, è stato costruito nel 1493-96 dai frati benedettini dell’abbazia di Polirone in San Benedetto Po (Mantova). La sua origine è però molto più antica. Risale infatti al IX secolo la prima abatiola benedettina che sorgeva nei pressi della via Gallica, l’importante strada romana che collegava Torino con Aquileia. Questa piccola abbazia venne distrutta nel 922 dagli Ungari provenienti dall’est dell’Europa, ma fu presto ricostruita dal vescovo di Verona, Raterio, che ne riconobbe l’importanza. Da allora i monaci benedettini, assieme ai coloni, iniziarono una grande opera di risanamento del territorio bonificando le paludi, costruendo canali e ampliando la superficie coltivabile. Le proprietà dell’abbazia si estesero così al territorio circostante ed essa si organizzò come un piccolo feudo che fu promotore di progresso e sviluppo rurale. Al suo vertice vi era l’abate.

Dopo l’anno mille, il feudo divenne un libero comune monastico.

Nel periodo dal XIV secolo e fino alla prima metà del XV secolo il territorio attorno all’abbazia fu terreno di frequenti scontri e razzie da parte delle truppe delle potenze confinanti: gli Scaligeri di Verona, i Gonzaga di Mantova e i Visconti di Milano. L’anno 1339 fu particolarmente tragico a causa della devastazione provocata dalle truppe al comando di Lodrisio Visconti. L’abbazia fu abbandonata e i monaci si trasferirono nel borgo fortificato di Lonato.

Nel XV secolo il territorio monastico passò alla repubblica di Venezia. Nel 1491 l’abbazia fu ufficialmente affidata all’Abbazia di Polirone e riedificata quasi dalle fondamenta e ornata dalla bella chiesa rinascimentale e dall’elegante chiostro. La sua vita proseguì ininterrottamente in un periodo di relativa pace fino alla fine del XVIII secolo, divenendo un ambiente monastico con forte impronta umanistica, sempre più importante e più ricco, anche di opere d’arte di grande valore. Nei secoli ospitò numerosi personaggi illustri e lungimiranti, politici, cardinali, scrittori e poeti. Tra essi vi fu il Cardinale Reginald Pole che nel 1553 svolse in abbazia un’intensa attività diplomatica per il ritorno dell’Inghilterra alla Chiesa di Roma.

Nel 1797 il generale Napoleone Bonaparte, sconfitti gli Austriaci, con il Trattato di Campoformio divenne padrone del territorio. Per sostenere i costi della guerra, egli emanò a Mantova un decreto di soppressione della maggior parte delle proprietà religiose del territorio conquistato. L’abbazia, svuotata di molte delle sue ricchezze, passò in proprietà a privati e attraversò fino agli inizi del XX secolo un periodo di totale abbandono e desolazione.

 

Nel 1904 l’abbazia venne acquistata da una comunità di 85 frati trappisti Cistercensi francesi provenienti dall’Algeria, che la fecero rifiorire con la ripresa delle attività di numerose famiglie contadine del territorio. Per vari motivi, nel 1938 essi decisero di venderla e di ritirarsi nell’abbazia di Notre Dame d’Aiguebelle in Francia.

Don Giovanni Calabria, il sacerdote veronese fondatore della Congregazione dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza, poi canonizzato nel 1999, venuto a conoscenza della loro intenzione di venderla, ebbe l’ispirazione di acquistarla per farne una comunità di accoglienza per la riunificazione dei fratelli cristiani separati, un centro di aiuto per sacerdoti in difficoltà e per ragazzi poveri. Il suo desiderio potè avverarsi grazie alla generosità di due facoltose sorelle di Lonato.

Così ancor oggi l’abbazia può continuare a vivere e a prestare il suo servizio di casa di spiritualità e centro ecumenico e per il dialogo interreligioso.